Editoriale

Un approccio delicato e i problemi di sempre

(Foto Giandotti - Ufficio Stampa - Quirinale)
24 Ott 2022

di Emanuele Carrieri

L’immagine di una ex militante del Fronte della Gioventù che sale al Palazzo del Quirinale per ricevere l’incarico di formare il nuovo governo è una novità, sia politica che culturale. Nessuno, fino a non troppo tempo fa, avrebbe mai potuto presagire un avvenimento in un Paese che ha le proprie origini nella Resistenza al nazifascismo. L’immagine di una utilitaria bianca che entra nel cortile del Palazzo del Quirinale rimarrà stampata nella memoria di chi ha seguito da vicino le consultazioni: è una immagine indicativa di un approccio delicato nella assunzione della più alta carica del potere esecutivo, coerente con il comportamento austero adottato in questi giorni di trattative fra i partiti. Se si aggiunge, inoltre, la constatazione che la Presidente del Consiglio dei ministri è la prima donna che assume questo incarico dalla creazione dello Stato italiano, avvenuta con la proclamazione del Regno d’Italia, il 21 ottobre 2022 va considerata una data storica. Non ci si può far fuorviare dalla immagine e dalla teoria di una donna al comando: Giorgia Meloni ha una seria storia personale, in cui la sua determinazione e la sua dedizione hanno fatto sì che una formazione di dimensioni piccolissime diventasse il partito relativamente più votato, quello che ha conquistato nel voto la supremazia della coalizione vincitrice del confronto elettorale. È la Presidente del Consiglio dei ministri, supportata da un insieme di fedelissimi nei ruoli chiave della compagine, nonostante le piroette ministeriali degli ultimi giorni, e le squilibrate, comiche e patetiche uscite di Berlusconi, pronto a strappare la luce dei riflettori. Certo le va riconosciuta una significativa capacità politica che la colloca al di sopra dei suoi alleati. E, con i numeri parlamentari, potrà esercitare una leadership anche più duratura rispetto ai partner di coalizione. È difficile manifestare un giudizio sulla base della composizione del governo. È difficile, visti gli appuntamenti importanti che aspettano il Consiglio dei ministri, rispetto ai quali il futuro è tutto da scrivere, anche in riferimento a un programma elettorale che va intersecato con la realtà e con le emergenze più difficili. Per quanto possibile e con tutte le riserve del caso, si può ritenere che questo governo sia il governo di Giorgia Meloni. E ciò non perché i partiti non abbiano influito sulla sua composizione, ma perché la medesima dinamica e la tempistica della conclusione dell’iter formativo hanno dimostrato che chi adesso è ministro, lo è diventato per volere della Presidente del Consiglio, cui dovrà fornire le risposte dei suoi operati e dei suoi comportamenti. Certo Salvini non cesserà di tentare l’usuale gioco, già praticato finanche con Mario Draghi, di un piede dentro e di un piede fuori, ma gli sarà difficile condurlo proprio per lo sbarramento impiantato dalla nuova inquilina di Palazzo Chigi. Non è opportuno entrare nel merito dei nomi dei nuovi ministri; tranne alcuni, gli altri sono sconosciuti al grande pubblico e paleseranno le loro qualità e le loro lacune cammin facendo. Né adesso, dal susseguirsi delle loro dichiarazioni, si possono trarre conclusioni. Il governo Meloni non è un governo buono per tutte le stagioni: è molto caratterizzato, per i nomi di alcuni componenti del governo che indicano e richiamano battaglie politiche condotte negli anni. Purtroppo, ci si è assuefatti ormai a posizioni convertibili e interscambiabili, a personaggi poco caratterizzati, uomini utili per tutte le stagioni, ad alleanze fra partiti antagonisti o, comunque, separate e divergenti. Questa modalità di governare è terminata: viene introdotto un elemento di chiarezza e di responsabilità, nel senso che ogni cittadino italiano sarà esortato a determinare la propria posizione rispetto alla politica del governo, acquisendo in tempi ragionevoli tutti gli elementi che occorrono a formarsi un giudizio. Restano, in prospettiva, i problemi di sempre, rispetto ai quali si misurerà Giorgia Meloni: prima di tutto, l’Unione europea e il ruolo del nostro Paese nella troika di governo (Francia, Germania e Italia), la sua posizione all’interno dell’Alleanza atlantica e rispetto all’aggressione di Putin all’Ucraina; la gestione della crisi dell’energia, di cui le bollette per le imprese e per le famiglie sono soltanto l’aspetto macroscopico, ma non l’unico, e dell’inflazione; la questione del deficit di bilancio con l’odierno sostegno della Banca centrale europea; e tanti altri aspetti della vita economica e sociale, compreso il tema, così tanto dibattuto, del reddito di cittadinanza. Con il tempo si capirà quale direzione prenderà il nostro Paese sul piano economico, sociale, internazionale. Il Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana è il presidente del consiglio di tutti e per tutti. Mario Draghi – al quale la Presidenza del Consiglio europeo ha dedicato un videoclip di ringraziamento, reso pubblico nell’ultima riunione dei leader – innegabilmente lo è stato. Spetterà a Giorgia Meloni – nel rispetto delle differenze di religione, di sesso, di appartenenza, di condizione, di lingua, di opinione, di posizione, di etnia, – onorare questa asserzione, questo esempio.

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