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La lezione postuma di un partigiano Cosimo Orlando, scomparso a 102 anni

26 Mar 2022

di Silvano Trevisani

Il 21 aprile avrebbe compiuto 103 anni, ma se n’è andato qualche giorno fa, nella sua Grottaglie, Cosimo Orlando, l’ultimo partigiano ancora in vita nel nostro territorio. A Grottaglie era nato il 21 aprile 1919 e se ne era staccato per un lungo periodo per partecipare alla guerra, su due fronti opposti. Arruolato nella fanteria e aggregato al 90° Reggimento a Sanremo, aveva combattuto contro i francesi, prendendo parte alla facile conquista di Mentone, che i francesi avevano di fatto abbandonato, facilitando così la loro impresa. Da lì fu inviato in Grecia raggiungendola dall’Albania con una colonna autotrasportata. Nel 1942 passò nel Montenegro per l’occupazione di Niksic, dove il reggimento restò però sei mesi assediato.

Lo avevamo intervistato nel maggio 2018 per il mensile “Pugliamag”, diretto da Edoardo Trevisani. Era stato Valerio Manisi a rivolgersi a lui e a porgli alcune domande alle quali aveva risposto con grande lucidità e una passione che evidentemente gli era connaturata.

Di quel periodo ricordava: “Mussolini diceva: dovete procedere oltre la meta, ma non c’era da mangiare”. Rimpatriati, quando sapemmo dell’armistizio eravamo a Tolone. Allora ci mettemmo in movimento. Da lì, seguendo i pali della luce giungemmo a Sant’Anna di Vinadio, sul confine francese. Io mi diressi a Castellazzo Bormida dove mi ospitò una famiglia”.

Lì la scelta di partecipare alla guerra partigiana, assieme a ragazzi di ogni parte. “C’erano anche delle ragazze che facevano da porta ordini, ma non le conoscevamo per evitare pericolo di fronte alle Camice nere”.

Del fascismo dice: “Il fascismo era violenza. Gli ordini di Mussolini le Camice nere li facevano eseguire con ogni abuso, sono sempre state disoneste”.

E poi racconta un episodio terribile per spiegare come l’odio politico riduce gli esseri umani:

“Un gruppo di fascisti fece un accentramento a Castellazzo e c’era con noi un capo partigiano. Una Camicia nera aveva delle bombe a mano e ci fu una colluttazione, a seguito della quale venne sopraffatta e presa prigioniera”. Ma poi, per rasserenare il clima, la Camicia nera fu perdonata e liberata. Ma quella dopo un po’ tornò indietro, lanciò la bomba e sparò al capo partigiano alle spalle. I miei compagni partigiani lo catturarono e dissero: “dove è stato sparato il capo partigiano resterai morto”. Gli spararono e rimase lì a terra quattro/cinque giorni, nessuno lo raccolse. Io ne fui…contento, lo ammetto: poiché il capo partigiano lo aveva liberato, senza ucciderlo, per quale motivo, allora, era tornato, aveva lanciato la bomba e ucciso? Ecco perché la gente non ne poteva più del fascismo. Ecco perché Mussolini fu appeso in piazzale Loreto”.

A chi dice che oggi ci vorrebbe un altro Mussolini risponde, con parole da tenere bene a mente: “Dico che non hanno conosciuto il fascismo e la fame! Allora c’era la fame perché non eravamo in pace con le altre nazioni. Ognuna si teneva il suo. I fascisti con gli stivali alti e noi con le pezze ai piedi. Quando passavi davanti a una macelleria ti toglievi il cappello. Solo i fessi dicono stavamo meglio con Mussolini”, ma non stavamo affatto bene! Adesso è oro confronto a prima”.

“Oro oro oro! – ripete – La dittatura è brutta, qui o da un’altra parte. Non c’è libertà come ce l’abbiamo ora. Qualsiasi dittatura è brutta. Mai più fascismo!”.

Chissà cosa avrebbe risposto, oggi, a una domanda sulla guerra in Ucraina. Sappiamo solo, per averlo ascoltato da tanti testimoni, che chi ha vissuto la guerra non vorrebbe mai, in nessun caso, ripetere l’esperienza.

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