The Chosen: scelto, ma non in Italia

La gente ha sete di trascendenza: come dimostra The Chosen con il suo successo, l’uomo di oggi vuole assolutamente sentire parlare di Dio, di Cristo, di miracoli e di resurrezione, ed è stolto chi pensa il contrario; solo, vorrebbe sentirne parlare in modo interessante. Strano, eh?

23 Feb 2022

di Alessandro Di Medio

Mi chiedo se in effetti sarebbe potuta andare diversamente, ma rimane il fatto che pure essendo prete da quindici anni, e nonostante io mi ritenga da sempre “sulla cresta dell’onda” per quanto riguarda media e social, sono venuto a conoscenza di una serie cristiana che attualmente vanta oltre 361.000.000 di visualizzazioni tramite i ragazzi dei miei gruppi. Sono loro, i nostri impareggiabili giovani, che scorrazzando per il web e le app hanno incontrato per primi quel fenomeno mediatico assoluto che è The Chosen, mentre noi preti stiamo ancora fermi a Facebook, Instagram per i più esibizionisti (scherzo, è che parlo per invidia).The Chosen è, molto semplicemente, una serie su Gesù. Subito la mente corre ai filmetti insipidi che sembrano girati nel retro delle nostre sacrestie, a costumi improbabili e a rappresentazioni in fondo fondo brutte perché noiose – insomma, alla quasi totalità di quanto l’intelligentia cristiana odierna abitualmente produce quando si mette dietro una telecamera.Beh, non è proprio questo il caso: The Chosen è una serie che ti inchioda allo schermo, sviluppando in modo creativo, ma coerente con i testi evangelici, sottotrame, personaggi e interazioni, con una capacità di trasmettere contenuti senza fare moralismi. Rispetto a un The Passion, che a nostro avviso è stata l’ultima perla autentica di recente arte cinematografica esplicitamente cristiana, The Chosen sa tenere una forte tensione senza diventare psicologicamente sfidante: questo lo puoi vedere una sera con gli amici bevendoti una birra, il primo decisamente no.

Eppure non è solo uno spettacolo godibile: trapela in ogni episodio di The Chosen quel timbro, quella sostanziosità tipica della contemplazione delle scene del Vangelo secondo il modello ignaziano, che da un lato rivela la preghiera (e la competenza biblica) che c’è dietro ogni scelta rappresentativa della serie, dall’altro permette un’esperienza immersiva nel testo stesso quando, spento il monitor, si tornerà ad esso.

La commozione che alcune scene della serie procurano (l’incontro con il paralitico o con Nicodemo, la liberazione di Maria di Magdala o il riscatto di Matteo, ecc.) non ha nulla di sentimentalistico, ma fa tutt’uno con la consolazione spirituale che sgorga dalla Parola stessa.

Mentre la guardo, spontaneamente affiorano nella mia memoria le parole della preghiera a Cristo nostro modello che ai tempi redasse p. Arrupe: “Apprenda da te… il tuo modo di mangiare e bere, come prendevi parte ai banchetti, qual era il tuo comportamento quando avevi fame e sete, quando eri stanco dei viaggi… Insegnami il tuo modo di guardare…”.

Va detto che in questo aiuta tantissimo il modo con cui si è deciso di interpretare Gesù, abbastanza ordinario da risultare realistico, ma sufficientemente ieratico da segnalarne l’alterità radicale.

A livello di critica lo spettacolo ha ricevuto valutazioni a dir poco egregie: 100% critiche positive sul celebre sito di recensioni Rotten Tomatoes, con un punteggio tra 8.08 e 10. Si ricordi che spesso i film che escono al cinema devono il loro successo o fallimento proprio alle valutazioni di questo sito.

Ci sono però due cose che risultano a dir poco strabilianti, quando si pensa a questa serie, di cui attualmente è in fase di produzione la terza stagione.

La prima, è che l’intero progetto è finanziato con il crowdfunding: i donatori danno contributi, e la cosa carina è che chi vede gratuitamente le puntate può ringraziare cliccando un tasto chi ha contribuito. Tutto all’insegna della più totale gratuità: se non vuoi dare niente, non dai niente e te lo guardi comunque. Alla larga dai colossi dello streaming: gli ideatori hanno pensato bene di evitare industrie dello spettacolo come Netflix e compagnia, sapendo a quali inevitabili filtri e censure, a quali boicottaggi e ostacoli, il sistema di produzione hollywoodiano avrebbe sottoposto una simile idea. No, per The Chosen gli autori hanno creato il loro sistema, la loro app, dalla quale è possibile vedere la serie in varie lingue, sebbene l’italiano sia attualmente presente solo per la prima stagione. E qui veniamo alla seconda cosa strabiliante, per non dire sconvolgente.

Tu avevi sentito parlare di The Chosen?

Probabilmente no, o forse solo alla lontana.

Questo è il punto. Come è possibile che uno spettacolo bellissimo, coinvolgente, ispirato, brillante, nato dalla collaborazione di cattolici, protestanti, ebrei, gesuiti, rabbini, ecc. e che ad oggi sta per arrivare a quattrocento milioni di visualizzazioni in Italia sia pressoché ignorato?

I motivi sono molteplici, e la prima risposta che mi viene in mente passa per un’altra domanda: come mai non c’è genitore sedicente cattolico che non conosca The Squid Game, mentre nessuno ha mai sentito parlare di The Chosen?

Semplice: perché dalle nostre parti la “cultura cattolica” si è ormai cristallizzata, almeno nelle sue espressioni mediaticamente più diffuse, come “cultura contro” (no a questo o a quello), piuttosto che come “cultura pro”. Giustamente vogliamo combattere il male, ma dimentichiamo l’esortazione paolina a vincere “con il bene il male” (cfr. Rm 12, 21). Vogliamo che i nostri figli non guardino certe cose, ma non sappiamo offrirgli cose migliori da guardare.

Abbiamo preso ormai da troppo tempo un piglio pubblico allarmato, censorio, che inevitabilmente diventa incapace di produrre originalità e bellezza – alla faccia della spregiudicatezza delle generazioni cattoliche del passato, che potevano vantare al contempo affreschi di nudità nelle cattedrali e l’Inquisizione!

Si dice sempre che “chi critica non fa”: ecco, forse sarebbe ora che noi Cattolici italiani smettessimo di criticare e, prendendo esempio dai nostri fratelli oltre-oceanici, iniziassimo a fare, e a fare bene, con cura, investendo risorse e attenzione, senza pensare che siccome una cosa è “di Chiesa” la possiamo fare con la mano sinistra, “alla viva il parroco”, appunto.

Sia come Chiesa che come singoli cristiani dobbiamo tornare a farci carico dell’onere di studiare, di diventare competenti e provocatori, originali nell’espressione e ineguagliabili nella qualità… come siamo sempre stati, in fondo.

“Cattolico” un tempo era sinonimo di Divina Commedia, di gotico e di romanico, di cucina dei monasteri e di saghe epiche, di umorismo e di lirismo, e in tutto questo, va detto, un contributo non indifferente era dato dal tratto tipicamente italiano della nostra Chiesa.

Che ne è di tutto questo?

La gente ha sete di trascendenza: come dimostra The Chosen con il suo successo, l’uomo di oggi vuole assolutamente sentire parlare di Dio, di Cristo, di miracoli e di resurrezione, ed è stolto chi pensa il contrario; solo, vorrebbe sentirne parlare in modo interessante. Strano, eh? E invece noi spesso scarichiamo su un presunto inaridimento delle nuove generazioni la colpa della loro distanza dal Vangelo, quando la pura e semplice verità è che siamo noiosi, perché abbiamo paura di osare vie nuove, vie incarnate nell’oggi.

Speriamo che il consolante successo di questa serie, di cui volutamente non ho detto molto perché la devi vedere, ci rianimi e ci induca a riappropriarci del colorato ed entusiasmante mondo della cultura e della comunicazione. Ci aiuti in questo l’esempio di Uno che, per spiegare le cose di Dio al popolo di Dio, e introdurre la novità del Vangelo, osò analogie fino ad allora impensate con il lievito, le pecore, i passeri e i gigli, e che lasciò per questo a bocca aperta le folle da tempo annoiate dai “maestri”.

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